Città strana, Trieste. Sarà per via della bora “che fa vegnìr mato”, o per colpa di San Giusto che tanto giusto non doveva essere. Dove il caffè si chiama “néro”, il cappuccino è un caffè macchiato che si chiama “capo” e lo si può avere anche come “capo in b”, dove “b” sta per bicchiere, e per avere un cappuccino bisogna ordinare un caffelatte.

Nessuna meraviglia dunque se qui i pinguini si credono uomini e vanno tranquillamente a spasso per la città. E’ la meravigliosa storia di Marco, il pinguino di Trieste. Un mito. Una leggenda. Ma è esistito veramente. Arrivò a Trieste dal Polo Sud nel 1953 a bordo della motonave “Europa”. Fu il nostromo di coperta, tale Barrera, a donarlo al direttore dell’acquario cittadino, tale Gridelli. “Non ce la faccio più a tenerlo”, gli disse con gli occhi lucidi.

Marco, il pinguino che si credeva uomo e che gli uomini, sbagliando, pensavano fosse un pinguino, è stato per più di trent’anni il simbolo di Trieste.  Marco ha vissuto all’acquario di Trieste dal 1953 al 1985: 32 anni, un autentico record per un pinguino. La sua storia è raccontata da Roberto Covaz, giornalista della redazione di Monfalcone del quotidiano triestino “Il Piccolo”, in un delizioso libriccino intitolato “Marco, il pinguino di Trieste” (edizioni Mgs Press)
Marco, si legge, era sempre in compagnia dei suoi amici custodi ed era affettuosamente perdonato e assecondato in tutti i suoi capricci, compreso quando beccava sul naso qualche bimbo troppo intraprendente nel volerlo accarezzare. Marco si atteggiava come una star: se c’era una succulenta contropartita (sardoni in primis), batteva le ali a comando e quando spuntava una macchina fotografica si metteva in posa.

Sul suo arrivo a bordo della motonave “Europa” circolarono fantasiose ricostruzioni. Questo libro ne svela una inedita: Marco fu rapito! Ma non vi diremo come, dovete leggerlo. E c’è anche un’altra sorpresa. Questa ve la raccontiamo: dopo aver creduto per più di trent’anni che fosse un maschio, si scoprì solo dopo la sua morte, in seguito all’autopsia, che invece si trattava di una femmina. Una pinguina.

Ora Marco, anzi Marzia, è imbalsamata, chiusa in una teca del museo di storia naturale, in una stanza purtroppo inaccessibile al pubblico. Sta per partire una raccolta di firme per chiedere che venga esposta. Perché tutti, ma proprio tutti, vogliono rivederla.